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INTERVISTA A VUK COSIC
di Tilman Baumgärtel (1997)

 

Nettime - giugno 1997
http://amsterdam.nettime.org/Lists-Archives/nettime-l-9706/msg00211.html

Intervista pubblicata in [net.art]. Materialien zur Netzkunst, Verlag für moderne Kunst - Nürnberg, 1999. Grazie ad Aurora Fonda per la traduzione italiana, tratta dal catalogo del Padiglione Sloveno, 49a Biennale di Venezia (2001).

  • To: "(unbekannt)" NETTIME-L@Desk.nl

  • Subject: [nettime] Interview w/ Vuk Cosic

  • From: Tilman Baumgaertel

  • Date: Mon, 30 Jun 1997 08:45:46 -0400
  • Ciao

    Accludo una mia intervista a Vuk Cosic raccolta a Lubiana in occasione dell’incontro “Beauty and the East”. Spero vi piaccia.

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    ?: Ho letto da qualche parte che la prima Bibbia in sloveno fu pubblicata a Wittenberg, in Germania. Mi domandavo se secondo te Internet ci mette in una situazione simile, se hai l’impressione che, essendo stata inventata altrove, la rete sia vista con sospetto da molti abitanti dell’Europa occidentale…

    Vuk Cosic: No, in realtà la Slovenia è molto ben collegata. Case e uffici sono dotati di un alto numero di computer, e il numero di hosts pro capite è più alto che in molti altri paesi europei, per esempio Italia o Spagna. A Ljudmila abbiamo una connessione da 256k, che è quanto di meglio puoi avere in Slovenia. La situazione, dunque, non è tanto male. Abbiamo real audio e real video live-stream, e una larghezza di banda più che sufficiente.

    ?: Raccontami del tuo ingresso "in rete"…

    Cosic: Il mio primo incontro con il WorldWideWeb avvenne nella seconda metà del 1994. Pensai: "Wow, che cosa sexy." Sai, il momento in cui vedi delle parole sullo schermo del computer, parole scritte da qualcun altro, da qualche altra parte, è come un’esperienza religiosa, molto emotiva in un certo senso. Ho ancora il ricordo fotografico di ciò che vidi collegandomi la prima volta, i vari siti che visitai. Insomma, mi dissi: “Che figata” e decisi di cambiare mestiere.
    Prima lavoravo come art manager. Seguivo progetti di art-exchange tra paesi in guerra tra loro, per esempio Slovenia e Serbia. Il 4 aprile 1995 fu l’ultimo giorno del mio lavoro come art manager. Avevo appena portato a termine un bel progetto, e quel giorno mi dissi: “Ok, da adesso in poi mi occuperò di Internet, in un modo o nell’altro.” Non sapevo se sarei finito a vendere modem, o a insegnare informatica nelle scuole elementari. Non avevo un obiettivo preciso, piuttosto la sensazione istintiva che quella fosse la direzione da prendere, quello che faceva per me. Poi mi invitarono al primo incontro di nettime a Venezia e… beh, il resto è storia.

    ?: Avevi già lavorato come artista?

    Cosic: Prima avevo fatto dei collage e qualche altra cosa in ambito artistico. In realtà, avevo solo scoperto una nuova piattaforma per la mia creatività.

    ?: Ho notato che alcuni pezzi sulla tua homepage hanno un che di molto letterario. Hai una formazione come scrittore?

    Cosic: Ho cominciato scrivendo, ma poi ho sviluppato un atteggiamento molto strano nei confronti della piattaforma che avrei voluto usare. Prima mi viene un’idea, poi decido quale medium è adatto alla particolare circostanza. Ho fatto land art, mostre… per la verità ho tre biografie diverse. Sono stato molto attivo in politica, insieme con alcuni amici sono stato candidato al Nobel per la Pace, in quanto leader delle manifestazioni studentesche di Belgrado. Originariamente, la mia formazione è quella di archeologo. Non ho mai veramente abbandonato la mia tesi di Dottorato, ma non ho proseguito la carriera di archeologo. So già che la prossima domanda sarà: “Come mai un archeologo lavora su Internet?” Per me è lo stesso apparecchio, che è stato girato sul suo treppiede e osserva in un’altra direzione…

    ?: Quindi sei un archeologo del futuro?

    Cosic: Già, sono su quel treppiede.

    ?: Tornando alla tua carriera di aspirante net artista, raccontami i tuoi esordi in questa forma d’arte - sempre che la si voglia definire una forma d’arte.

    Cosic: Per una qualche ragione, non osai cimentarmi con il HTML per un bel po’ di tempo. Non volevo sporcarmi le mani. Poi scoprii che era una vera cazzata e, una volta cominciato, niente poté più fermarmi. Il mio primo sito definibile come net.art risale al maggio 1996, e lo realizzai per una conferenza di Trieste intitolata "Net.art per se".

    ?: Una delle pagine che hai progettato si chiamava “filmati ritrovati” ed era volutamente simile alla homepage della CNN, a parte il fatto che vi campeggiava il titolo “La net.art è possibile" e che tutti gli hotlink nascosti conducevano ad altri siti artistici.

    Cosic: Quella pagina fu una bella sorpresa per un mucchio di gente. Io, a mia volta, rimasi molto sorpreso nello scoprire che a quella conferenza c’era tanta gente che apprezzava il mio lavoro. È qui il bello di tutto ciò che si sviluppò a partire da quella conferenza: è come se io e Heath Bunting e Alexej Shulgin e Olia Lialina e Jodi lavorassimo in studi confinanti, potendo vedere in ogni momento cosa stanno facendo gli altri.

    ?: Cosa intendi con “studi confinanti”?

    Cosic: Sai, come Picasso e Braque a Parigi nel 1907…

    ?: Ma loro erano fisicamente insieme…

    Cosic: Un net.artista produce net.art, la quale è chiaramente (viste le caratteristiche di Internet) accessibile a tutti. E io riesco a vedere ciò che gli altri fanno nel momento in cui lo stanno facendo.

    Di solito funziona così: Jodi fanno qualcosa di nuovo - quelli sono dei pazzi, dei maniaci, creano qualcosa di nuovo un giorno sì e uno no - e mi spediscono l’URL chiedendomi cosa ne penso. Si sviluppano collaborazioni su tutta la rete, progetti di gruppo. Rubiamo molto gli uni dagli altri, nel senso che ci prendiamo parte dei codici - ammiriamo molto i trucchi reciproci.

    Jodi esplora la tecnologia in maniera molto interessante, ma Heath ha una straordinaria coscienza sociale e un egotismo glorioso. Poi c’è Alexej, col suo temperamento russo - qualcuno lo chiama il Cyber-Majakovskij…

    Ho la sensazione di conoscere le persone più interessanti del mio tempo, mentre sono ancora nel pieno delle loro potenzialità. Il sistema di comunicazione di cui ci serviamo oggi mi ricorda il modo in cui comunicavano i futuristi o, dopo di loro, i dadaisti. C’erano due tizi a Berlino, quattro a Parigi e due in Russia, ma si conoscevano tutti e avevano tutti venticinque anni. Come comunicavano? Grazie alla forza delle loro convinzioni e ai canali di comunicazione, perché qualcuno viaggiava. Oggi è lo stesso: abbiamo alcuni punti di forza, alcune qualità - anche se dovrebbero essere gli altri a dirlo - e soprattutto disponiamo di una buon sistema di comunicazione.

    ?: Cioè Internet?

    Cosic: Oggi è Internet. Prima c’era Picabia che aveva i soldi per comprarsi una macchina di lusso e viaggiare e stampare un numero della sua rivista in ogni città dove si fermava.

    ?: Osservando il tuo lavoro, ma anche quello di Shulgin o Jodi, un aspetto della net.art che colpisce immediatamente è la sua autoreferenzialità.

    Cosic: L’analogia più tipica è quella con la video arte, la quale era a sua volta molto autoreferenziale ai suoi esordi, negli anni sessanta. Non parlo della video arte di oggi, che ha imboccato una strana direzione. Ma se pensi alle opere di gente come Weibel, erano molto incentrate sul monitor, sui 100 Hertz, su tutti i tipi di rumore possibili, insomma sulle possibilità che improvvisamente il video metteva a disposizione degli artisti.

    Ancora una volta, non è il caso di generalizzare troppo. Nessuno di noi ha fatto net.art con riferimenti concreti alle avanguardie storiche. Tra noi non c’è nessun patito del Dadaismo, anche se io sono un collezionista maniacale di libri di quel periodo. Non esiste nessun sito web dadaista, e secondo me crearlo sarebbe un errore da ogni punto di vista. Che lo facciano le persone che non hanno niente da dire. È per questo che sto facendo CNN, che pure è autoreferenziale in un certo senso. Ci piace pensare alla rete, a come è fatta, perché vogliamo capirla. E il nostro processo di comprensione si trasforma immediatamente in una forma espressiva.

    ?: Tra net.art e video arte esiste un’analogia molto interessante: la prima reazione degli artisti, quando scoprirono la televisione o il video, fu quella di smontare questi media e cercare di distruggerli, e ora sulla rete sembra accadere la stessa cosa.

    Cosic: Proprio così! Molti miei documenti in HTML mandavano in tilt i vostri browser e, quando mi accorsi che nel mio modo di programmare doveva esserci un errore, mi chiesi se era un elemento negativo o un vantaggio. Presto mi trovai a cercare di scoprire come raggiungere quel risultato. Non mi bastava evitare l’errore, volevo capire cosa lo produceva, usando frame o GIF che danneggiavano i vecchi browser o, più tardi, con Java Script, che fa cose bellissime al tuo computer in generale.

    ?: Perché il primo riflesso degli artisti è quello di decostruire il nuovo medium?

    Cosic: In ciò che facciamo non ci sono leggi. Come qualsiasi altra forma d’arte, è totalmente individuale. Secondo me ogni nuovo medium è la materializzazione dei sogni delle generazioni precedenti. Sembra una teoria del complotto, ma in verità se osserviamo molti strumenti concettuali messi a punto da Marcel Duchamp o Joseph Beuys o dai primi concept artists, ci accorgiamo che sono diventati normale routine. Ad ogni e-mail che spediamo, oppure ogni volta che apriamo Netscape e clicchiamo un URL a caso su Yahoo!…

    Ottant’anni fa queste azioni, che oggi compiamo quotidianamente trovandole assolutamente normali, sarebbero state un gesto artistico avanzatissimo, comprensibile solo a Duchamp e a un paio di suoi amici. L’idea stessa della casualità in qualunque area, figura o forma, sarebbe apparsa stranissima a quei tempi, così come l’idea di un gesto dotato di significato artistico in più luoghi contemporaneamente!

    Ricordi i progetti dove due artisti, uno a Tokyo e uno a New York, decidevano per telefono di compiere lo stesso gesto simultaneamente (per esempio di guardare il sole)? Con Internet lo facciamo continuamente, con le web-cam! Questo annullamento della distanza mi sembra offrire molti spunti interessanti, e forse è di per sé una piccola dimostrazione della strana tesi secondo cui Internet non è che la materializzazione dei sogni delle generazioni precedenti. A settembre terrò una conferenza in Finlandia, e sosterrò che l’arte del passato non è che un sostituto di Internet. Naturalmente è una battuta. Conosco pochissime persone che stimano quanto me il lavoro degli artisti del passato.

    ?: Siamo in una fase di grandi riflessioni sulla net.art. Si dice che è molto diversa dagli altri movimenti artistici dove l’artista-genio metteva della vernice sulla tela e lasciava a noi, al pubblico, di capire cosa intendeva dire…

    Cosic: Già, in un certo senso siamo i figli ideali di Duchamp. Tu, io e tutti gli altri partecipanti a questa conferenza abbiamo letto molto. Non facciamo i modesti, perché ce ne vantiamo: leggiamo molto, lavoriamo molto e, allo stesso tempo, siamo creativi, perché il medium Internet ci mette in condizione di esserlo.

    ?: Sul tuo sito c’è una parte in cui incoraggi le persone ad aggiungere delle note a vari testi accademici. Questo è un altro aspetto della net.art che mi colpisce: il suo avere molto a che fare con la teoria.

    Cosic: Già, è questo l’effetto di nettime su persone che altrimenti sarebbero normali. Purtroppo non ho avuto abbastanza energie per portare a termine questo progetto. Al momento è solo un invito a collaborare che è rimasto senza eco. C’è stata qualche reazione d parte di Heiko Idensen, Heath Bunting e Pit Schultz, ma non è bastato. Però conservo ancora i loro messaggi nella mia mail-box…

    ?: Il fatto che questo progetto giunga a conclusione è importante oppure no?

    Cosic: No, esiste questo stato di incompletezza finale, come Duchamp disse una volta a proposito del Grande Vetro. Posso aprire quei documenti quando mi pare (li chiamo documenti, non opere d’arte) e farci ciò che voglio. È fantastico. Non voglio che finisca, a parte il fatto che quel progetto non mi interessa più molto.

    ?: La tua homepage è una raccolta completa di tutti i progetti che hai realizzato per la rete?

    Cosic: No, la mia homepage non è un catalogo delle mie opere, infatti ci sono molte cose che ho realizzato in giro e non ho mai aggiunto al sito. Molti net.artist fanno di tutto per avere il loro link su siti importanti come "ars electronica" o "Telepolis", così da essere visitati da molte persone ed essere riconosciuti. Ma, a mio modo di vedere, anche questo protocollo è soggetto a riflessione artistica. Ecco perché sul mio sito mancano molti lavori. A volte fornisco URL falsi. Un tempo mi stampavo finti biglietti da visita, e oggi faccio lo stesso con la rete, anche solo per il divertimento che può derivare dalla diffusione di informazioni non corrette.

    ?: Uno dei pezzi più concettuali del tuo sito si chiama “Una giornata nella vita di un Internet artist", dove registri ciò che fai ogni giorno. Altri chiamerebbero questa “cosa” una homepage, mentre nel tuo caso si tratta di un’opera d’arte. Perché?

    Cosic: Quella è stata la prima volta in cui ho notato quanti milioni di modi ci sono per classificare il lavoro su Internet, e questo perché su Internet vige una meravigliosa imprecisione circa la piattaforma da utilizzare: può essere testo, video, grafica, audio… quello che vuoi. Hai senza dubbio messo il dito su un problema, e per risolverlo bisogna tornare ai concetti fondamentali. L’arte ha sempre a che fare con la soggettività, anche se cerchi di agire diversamente. E persino i peggiori esperimenti formalisti nell’era eroica della video arte riflettono il carattere individuale dell’autore. Io cerco di giocare/lavorare con questo.

    ?: Quindi affronti il genere artistico storico dell’autoritratto?

    Cosic: Più o meno. In questo sito ho cercato di vivisezionare la mia comunicazione quotidiana con l’ambiente Internet. Una parte del sito si occupa dei miei progetti artistici, una parte della mia scrittura, una è intitolata “arte lavorativa”.

    ? Perché, è arte avere un lavoro?

    Cosic: Il termine “arte” mi confonde. Non perché io intenda rifiutare l’epiteto di artista - è carino, e piace alle ragazze. Piuttosto, mi preoccupa la capacità di questo termine di relegarti in un angolo specifico. Invece di cancellare l’etichetta di “arte” da ciò che faccio, preferisco chiamare “arte” tutto ciò che faccio.

    ?: Come ha detto Yves Klein: "Tutto è arte"...

    Cosic: Sì, ma io cerco di farlo in modo molto pratico, quotidiano, senza parlarne troppo. Questo sito web non è accompagnato da un saggio o da altri scritti teorici (qui con me ho, effettivamente un saggio con lo stesso titolo, ma non ha nulla a che fare con il sito, è solo un altro dei miei tentativi di confondere il pubblico).

    ?: Sul tuo sito c’è anche un pezzo di Nicholas Negroponte. Di cosa si tratta?

    Cosic: Quando Negroponte venne a Lubiana, io e lui litigammo furiosamente, e il suo discorso venne interrotto. Io e Luka Frelih tappezzammo la città di scritte "Wired = Pravda", spacciandole per l’opera di un’organizzazione segreta di cyber-terroristi. Sul sito lo abbiamo paragonato a Tito, ma lo abbiamo fatto senza fanatismo.

    ?: Oggi alla conferenza hai proposto un progetto intitolato "Ljudmila West". Ce ne parleresti un po’?

    Cosic: Ljudmila West è una fondazione nata allo scopo di aiutare gli artisti dell’Europa occidentale a comunicare e conoscere le nuove tecnologie multimediali, oltre che per contribuire all’integrazione europea, dato che esiste un’evidentissima carenza di informazioni in questo campo. Non possiamo starcene seduti a braccia conserte, dovremmo fare qualcosa. È sicuramente l’ultimo momento in cui gli europei possono recuperare il ritardo accumulato, altrimenti rimarranno all’interno dei rispettivi sistemi chiusi o nelle rispettive società chiuse, per citare Popper e Soros.

    ?: È una parodia della retorica impiegata in manifestazioni come il festival V2 di Rotterdam - “gli europei dell’ovest che aiutano i poveri europei dell’est a uscire dai loro casini”, solo rovesciata?

    Cosic: Ho partecipato a moltissime manifestazioni artistiche occidentali dove l’apprendimento non avveniva nella direzione prevista. Erano più spesso quelli di Belgrado e Mosca ad insegnare a francesi, inglesi e tedeschi qualcosa sulla vita. Naturalmente il progetto virtuale di Ljudmila West è solo un innocuo scherzetto, ma ha in sé un elemento serissimo, e nasce da una frustrazione molto profonda. Personalmente non mi sento facilmente frustrato, ma tra gli europei dell’est ho notato che la frustrazione è in crescita, così reagisco offrendo un progetto artistico - in questo caso la storia di Ljudmila West. Tra l’altro, sembra il nome di un’attrice cinematografica.

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