La disobbedienza civile dalle strade al
cyberspazio
di Marco Deseriis (1998)
Repubblica.it
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NEW YORK - Una Bbs, la mailing list NetTime, l'area di discussione InfoWar,
il FloodNet per lo sciopero digitale, e poi gruppi radical come "Critical
Art Ensemble", "The Electronic Disturbance", "Electronic Civil Disobedience".
Tutto questo, e molto altro ancora, è "The Thing". Ci sono almeno due
modi per raggiungere "la cosa". Il primo, se ci si trova sull'isola di
Manhattan, New York City, è quello di spingersi nel vecchio quartiere
industriale di Chelsea, tra grandi fabbricati rossicci e grigiastri del
secolo scorso. In un vecchio grattacielo dall'aspetto decadente, all'incrocio
tra la 26th St. e l'11th Av, si sale su un vecchio elevator industriale
simile a un montacarichi fino al 16o piano e ci si addentra per laboratori
e gallerie d'arte. E' in uno di questi loft, con terminali sparsi sui
tavoli e un continuo via vai di persone, che ha preso vita "The Thing".
Dalle enormi finestre il panorama offre snodi ferroviari, capolinee di
autobus, impianti elettrici. E anche "la cosa", ovviamente, è un'entità
in perenne mutazione, difficile da definire. Creata nel 1991 come Bbs
newyorkese da un artista concettuale austriaco, rapidamente è rimbalzata
a Colonia, Vienna, Berlino, Amsterdam, Zurigo, e sta per sbarcare in Giappone
e in Inghilterra. La seconda via per raggiungere "The Thing" è dunque
molto più semplice e alla portata di tutti: basta disporre di una connessione
Internet e entrare nella Bbs per capire come "la cosa" abbia raggiunto
ormai una forma di vita piuttosto complessa ed evoluta: da un lato la
ricerca dei nuovi artisti digitali di ogni parte del mondo, dall'altra
i percorsi della critica radicale culturale e politica ospitati sulla
mailing list di "NetTime" e dal "Teatro di Disturbo Elettronico" attivo
dall'inizio dell'anno nell'organizzazione dei net-strike in supporto della
causa zapatista.
Uno degli editor di "The Thing" si chiama Ricardo Dominguez. Ha 39 anni,
è nato a Las Vegas da genitori messicani ed è moderatore di un'area di
discussione dal significativo nome di "InfoWar". Personaggio poliedrico,
che coniuga espressione artistica e impegno politico, performer e teorico,
nel 1987 fondò con altri il "Critical Art Ensamble", una cellula di radical
con competenze assai diverse, che utilizzano media diversi (video, grafica,
teatro, produzione di testi fatti a mano) per realizzare azioni-lampo
in strade, gallerie, ospedali, stazioni e in altri spazi pubblici.
"La fine degli anni Ottanta", racconta Ricardo Dominguez, "fu un momento
di grande fertilità perché entrammo rapidamente in connessione con altre
formazioni affini a noi come "Group Material" o come "Act Up", che cercavano
di socializzare l'urgenza della questione Aids attraverso interventi negli
ospedali o nel corso delle dirette televisive di grande richiamo. Ma dopo
la fiammata iniziale, questo tipo di azioni sono diventate rapidamente
obsolete, non più in grado di attrarre l'interesse dei media e dell'opinione
pubblica. Così all'inizio degli anni Novanta alcuni di noi hanno iniziato
a sentire la necessita di cercare nuove connessioni, sfruttando al meglio
le potenzialità offerte dalle nuove tecnologie e dalla Rete".
Sotto il profilo teorico questo tipo di ricerca viene raccolta tra il
1994 e il 1996 in due testi, "The Electronic Disturbance" e "Electronic
Civil Disobedience" (editi da Autonomedia, la stessa di Hakim Bey, il
filosofo anarchico noto per la teoria delle "Zone Temporaneamente Autonome",
mentre in Italia sono stati tradotti da Castelvecchi). La ricerca miscela
diverse culture, da Deleuze a Guattari, Baudrillard, Bataille, Foucault,
Debord, cercando però di immetterli in una nuova analisi del potere nell'era
di Internet e delle reti di comunicazione globale. La teoria è che il
potere ha assunto ormai una forma nomadica, è un flusso elettronico di
denaro che si sposta là dove trova i migliori affari e i minori ostacoli
e resistenze. La sua "sede reale" non è più dunque la strada, il palazzo,
o la città, ma il cyberspazio, ed è su questo terreno che va affrontato.
Da qui prende corpo l'idea della disobbedienza civile elettronica, una
nuova avanguardia che sappia coniugare la politicizzazione storica dei
gruppi di base - ecologisti, pacifisti, eccetera - con le nuove competenze
tecniche. Una nuova avanguardia insomma, in cui hacker e attivisti lavorino
fianco a fianco, all'insegna di ciò che viene chiamato ormai comunemente
"hacktivism".
Nel mezzo di questa riflessione avviene però un evento inaspettato. Il
1 gennaio 1994 l'insurrezione zapatista annuncia la nascita di un nuovo
soggetto, virtuale e reale, che appare simultaneamente sulla scena politica
messicana e su quella mondiale attraverso i messaggi via e-mail del subcomandante
Marcos.Un soggetto che associa la cultura dei Maya con quella della Rete.
Di fronte a quest'evento, Dominguez lascia rapidamente il "Critical Art
Ensemble", orientato su un tipo di riflessione più strettamente teorica,
e inizia a lavorare alla creazione di nuovi strumenti digitali in supporto
della causa zapatista.
"All'inizio di quell'anno "The Thing" ricevette un messaggio da un gruppo
italiano, firmato "Digital Anonymous Coalition", che invitava a un sit-in
virtuale, cioè a una connessione simultanea da diverse parti del mondo
ai siti della Borsa messicana e di altri quattro gruppi finanziari direttamente
impegnati in Chiapas", racconta Ricardo Dominguez. "Il messaggio invitava
anche a premere ripetutamente il tasto reload delle pagine web per impedire
l'accesso ad altri utenti". Un tipo di pratica non diversa da quella di
un picchettaggio di un edificio, con la differenza che in questo caso,
anziché bloccare l'ingresso delle persone, si blocca il flusso di informazioni.
Da allora il gruppo ha messo a punto uno strumento, il "FloodNet", un
applet di Java che automatizza il proceso di reload delle pagine. I partecipanti
al sit-in si connettono al sito di "The Thing" e prelevano "FloodNet",
che colpisce i siti ricaricando le pagine con un intervallo di 6-7 secondi.
"In questo modo, con una connessione simultanea ad esempio di diecimila
persone, riusciamo a trasmettere circa 600 mila impulsi al minuto, che
sono generalmente sufficienti a bloccare l'accesso al sito", spiega Ricardo
Dominguez.
A partire dal 10 aprile del 1998, data della prima azione, il "Teatro
di Disturbo Elettronico" ha organizzato una decina di azioni che hanno
colpito diversi siti (quello del Presidente Zedillo, la Casa Bianca, la
Borsa messicana). I risultati sono stati alterni a seconda del numero
dei partecipanti e dell'ampiezza e della capacita di resistenza del server
ospitante il sito. Ma il dato più significativo è stata la reazione di
alcune delle organizzazioni colpite. In particolare, durante l'azione
"Swarm", il Pentagono, che era uno dei tre siti prescelti insieme a quello
di Zedillo e della Borsa di Francoforte, ha approntato una contromisura,
un "hostile applet", lanciandola contro "FloodNet" e rendendolo almeno
in parte inefficace.
"FloodNet è stato creato da un gruppo di artisti digitali, e le nostre
azioni hanno un significato simbolico: tutti i giorni milioni di persone
si connettono in tutto il mondo, ma noi decidiamo di farlo coscientemente,
in un determinato momento e lo dichiariamo apertamente", dichiara Carmin
Karasic, che ha curato la parte grafica di "FloodNet". "Io credo che sia
questo a spaventare i controllori del cyberspazio, molto più dell'eventualità
che noi possiamo crashare un sistema, che è del tutto inesitente".
Certo, non tutti sono convinti che la disobbedienza civile elettronica
rappresenti il futuro della lotta politica. In un messaggio postato recentemente
sulla mailing list di "NetTime", un esponente di "Reclaim the street",
da sempre impegnata nell'organizzare dimostrazioni e feste di piazza,
criticava l'idea che un'idea di resistenza potesse crescere e svilupparsi
cliccando sul mouse del proprio computer. "Io credo", replica Dominguez,
"che questa critica derivi da un'interpretazione errata della nostra espressione
"il potere non risiede più nelle strade". Si trattava di un gesto retorico
che serviva a iniziare una discussione su questo nuovo movimento. Serve
ora solo una griglia temporale in cui gli attivisti, i performer, gli
hacker riescano a condividere il tempo. Quello che posso fare con "Floodnet",
ad esempio, è avviare il computer, colpire un sito, poi chiudere la porta
e scendere in piazza a manifestare, mentre il mio agente virtuale continua
a lavorare da casa".
La prima azione di questo tipo avverrà il prossimo 22 novembre, quando
gruppi di base e oranizzazioni pacifiste si daranno appuntamento davanti
alla sede della "School of Americas", una scuola in South Carolina di
addestramento di gruppi paramilitari anti-guerriglia in centro e sud america.
Mentre migliaia di manifestanti converranno davanti all'edificio della
scuola, i partecipanti del "FloodNet" intaseranno l'accesso al sito web.
E, per il prossimo anno, il "Teatro di Disturbo Elettronico" renderà pubblico
il codice eseguibile del "FloodNet", affinché tutti coloro che voglaino
promuovere azioni pubbliche ontro questo o quell'obiettivo lo possano
fare da soli.
© dell'autore (per informazioni contatta dina [at] d-i-n-a.net)
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