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IY-IY-IY-IY-IY-IY
INTERVIEW YOURSELF
Amy Alexander

Plagiarist.org - http://plagiarist.org/iy/amy2.html



Subject: Meta IY e altre cose
Data: Sabato, 21 Aprile 2001 00:18:56 -0700
Da: Amy Alexander

Rapida spiegazione di una lunga auto-intervista:
Inizio: Accenno di storia personale e professionale
Centro: Interview yourself e storia della programmazione nel paradigma open source: alcune idee dietro plagiarist.org
Fine: qualche cenno in più su Interview Yourself, in gran parte una meta-intervista/ FAQ concettuale basata sulle domande che le persone mi hanno fatto in proposito.

?: Quando ti sei unita a plagiarist.org?

A: Lui si è unito a me nel 1998. Ho cominciato a fare net.art nel 1996, con il Multi-Cultural Recycler, che ha frequentato i suoi primi festival nel 1996 e 1997. (Sì, c'erano effettivamente degli americani che facevano net.art nel 1996, ed anche prima. Alcuni perfino nella California del Sud.) Dopo il Recycler ho cominciato a lavorare con testi presi dal Web. Ho registrato Plagiarist.org nel 1998, mentre stava esplodendo la mania della registrazione del domini, perché volevo possedere quel dominio prima di chiunque altro.

?: The Recycler, ah sì, non era quello di quegli incredibili scontri di immagini?

A: Tecnicamente sì, anche se quella non era proprio l'idea originale. Lo feci come una sorta di commento sul concetto di celebrità, su come il fenomeno delle webcam può essere visto come una forma di creazione di celebrità Web attraverso l'esibizionismo o la sorveglianza, sia volontaria che involontaria. Erano forse i 15 minuti di celebrità di Warhol? Era anche un commento sulla promessa utopia multi culturale, che era già una evidente bufala. Ho aggiunto la Multi-Cultural Recycler Gallery all'inizio perché volevo mostrare il Recycler ai miei amici artisti, i quali dicevano: "Sarebbe fantastico se potessi salvare il mio lavoro Recycled in una galleria!". Ed è stato così che mi sono resa conto che gli artisti proprio non sembrano capire la net art. Così vi ho aggiunto la galleria proprio perchè sarebbe risultato ridicolo. E avrebbe trasformato i visitatori in una sorta di "stelle dell'arte" che avrebbero dovuto essere sottoposti all'obbligatorio riciclaggio.

?: E per quanto riguarda il lato tecnico del Recycler - e i tuoi altri lavori? Ha a che fare col fatto che sei una programmatrice?

A. In realtà io non sono una programmatrice, almeno non per formazione. Il mio background è nel cinema. Mi sono cimentata nell'arte interattiva perchè stavo già facendo film con una struttura non lineare, e volevo proseguire in quella direzione. Ho imparato da sola a programmare e ad amministrare un sistema, perchè ne avevo bisogno per i miei progetti. Nella maggioranza dei casi, faccio un lavoro di assemblaggio di programmi non commerciali e open source, modificandoli qua e là. I miei progetti sono abbastanza low tech. Tuttavia devo comunque scrivere parecchio codice per incollare queste cose assieme nel modo in cui mi serve, e a volte scrivo del codice da zero. Tuttavia, parte della filosofia open source vuole che non si perda tempo reinventando la ruota - ti guardi intorno e osservi se qualcosa è già stato inventato, poi lo modifichi o aggiungi nuove cose se necessario.

In un certo senso viene meno enfatizzata l'autorialità della programmazione. Comunque, gran parte dei miei lavori sulla rete - a partire dal Recycler - è dinamica. Nel 1996 la maggioranza delle cose on-line era statica - era sempre uguale ogni volta che andavi a vederla. Io invece volevo fare delle cose in cui accadesse qualcosa di specificamente legato al momento. Inoltre, volevo fare delle cose che interagissero con il resto della rete, che riguardasse la rete, che non fossero soltanto una parte di essi. Sono ancora interessata a queste cose, ma fortunamente non sono più così nuove. Ci sono tuttavia ancora dei luoghi che provano a mettere in mostra la net art facendosi mandare i file dagli artisti in modo che possano essere visti off-line. Ovviamente i miei progetti, così come quelli di molte altre persone, non stanno in un semplice file, ma sulla rete. Il riconoscimeto della net.art come fatta per e sulla rete ha ancora una lunga strada da fare.

Ma riguardo alla tua domanda: trovo interessante che lavori che sono in qualche modo tecnicamente interessanti sono considerati roba da geek fintanto che non si dimostra il contrario. Segue in un certo senso il vecchio sterotipo dei programmatori, scienziati o matematici, considerati nerd privi di una vera coscienza di quello che succede al mondo. Questo è di recente molto cambiato - inizialmente attraverso la commercializzazione di massa del potere dei programmatori - ma anche nella comunità della net.art e della net.culture. Si fa parecchio parlare di attivismo, open source e così via. In realtà sono cose che esistono da tempo, e gli artisti e attivisti hanno avuto questo tipo di coinvolgimento. Ma solo di recente, da quando l'open source e l'hacking/cracking sono diventati argomenti da mainstream, la comunità della net.art e net.culture vi hanno prestato molta attenzione. Non mi lamento del fatto che nessuno vi prestasse attenzione cinque o dieci anni fa - ovviamente è abbastanza difficile tenere il passo con tutto quello che succede - ma penso che dovremmo conoscere la storia di queste cose che si sono verificate al di fuori della nostra sfera di coinvolgimento.

?: Suona quasi come se stessi per parlare di Interview Yourself! E ho notato che sulla pagina "About" di IY usi molto il termine "open source". Qualche collegamento fra le due idee?

A: Non avrei saputo dirlo meglio.. Beh, si, in ogni caso, il termine "open source" è interessante, perchè credo che il popolare concetto di "open source" enfatizza l'aspetto del prendere/scaricare che vi è coinvolto. Le persone spesso vedono l'open source come una comunità della condivisione, del dono, o magari soltanto un modo per fregare gli autori. Ma dal punto di vista dei programmatori, l'accento è veramente sull'aspetto del contributo, dell'upload. Di base, che tu sia un individuo, un gruppo o una corporation, se vuoi fare un progetto ma ti rendi conto che può essere fatto molto meglio con il contributo di una grande comunità pubblica, non ci rimetti se anche altre persone ne prendono una parte, perchè quel contributo di programmazione e di design saranno di gran beneficio anche per te.

Il software proprietario usa il modello opposto: un gruppo chiuso di persone, o anche una persona, scrivono una cosa e dicono "Ecco qua, questo è quanto". E il consumatore potrebbe dire: "Ma fa schifo!". Ma non importa, il paradigma diventa ancora più solido, così per forza avrai sempre più cose di questo tipo.

Così Interview Yourself "apre la sorgente" allo stesso modo. Se pensi all'intero processo della storia della net art come scritta attraverso interviste, saggi pubblicate su liste, ecc - questo funziona in maniera molto simile al software proprietario. Si considerano importanti certe caratteristiche, ne vengono trascurate altre, ed in seguito altri autori usano questi saggi e interviste come riferimento. In questo modo continui ad avere sempre più cose dello stesso genere - così come i paradigmi del software ne generano altri simili. (Questo è in fondo il modo in cui la storia viene scritta, e la ragione per cui ci sono così tante persone emarginate nel mondo).

"Aprendo" il processo di intervista - che sembra essere diventato una componente importante nella storia della net.art (il famigerato Net.art.star.system), allora chiunque voglia può contribuire alla programmazione di una storia della net.art o della net.culture. Possiamo ricevere input da persone che non conosciamo nemmeno - e magari possiamo ricavarne un prodotto più stabile e utile. A proposito, se sei interessato a questi argomenti, tipo l'autorità di un certo tipo di software, ti consiglio di leggere Matthew Fuller - per fare un esempio - che ha scritto su questi argomenti con una certa profondità. Io uso questi concetti solo come metafora. Inoltre, non rivendico la paternità dell'uso congiunto delle idee di "storia della net.art" e "open source". La "storia della net.art - open source" di Natalie Bookchin è un ovvio precedente, anche se non credo che noi usiamo l'idea di open source allo stesso modo. E sono convinto che ce ne siano altre. Ce ne sono sempre delle altre.

?: Questo sembra portarci a credere che tu sia un plagiarista. Voglio dire, ora che le carte sono sul tavolo, vuoi forse dirci che non lo sei? Perchè dovremmo essere interessati a qualcuno che non fa mai niente di originale? Non è forse il concetto di "appropriazione" a sua volta plagiato dagli anni sessanta? E "Interview Yourself" - di che si tratta, in ogni caso? Tu hai rubato l'intera critica dello "star system" della net.art da una discussione su Nettime fra Olia Lialina e Josephine Bosma!

A: Queste sono domande interessanti, e potrei dilungarmi a rispondere, ma penso che farebbe diventare questa intervista fin troppo lunga .. [:-)], non è quello su mi voglio concentrare. In maniera un po' semplicistica: ci sono due parti della filosofia "plagiarista". Da una parte, parodizza le idee sempre più consolidate della proprietà, che sono sostenute in modo molto più disperato in questi giorni digitali quanto più ci si rende conto che non tengono più - e forse non lo hanno mai fatto. La proprietà di parole (i nomi di dominio), la mania della proprietà intellettuale, i codici di computer "illegali", eccetera. Tutto questo riguarda il controllo, ovviamente, non importa quanto diventa ridicolo.

Ma anche l'idea della priorità non tiene più - ognuno è in grado di essere immediatamente al corrente delle idee di chiunque altro - e a volte scopre che stiamo tutti pensando la stessa cosa - cosi le illusioni di essere "I primi" decadono. Così la prima idea dietro a Plagiarist è di sottolineare che l'idea dell'originalità ha bisogno di essere ripensata. Non significa che non esiste, ma dobbiamo rielaborare il modo di pensare tradizionale sulla relazione fra "originalità" e "anteriorità".

La seconda idea dietro Plagiarist è che tende a usare la rete per analizzare e discuterne la cultura. Progetti come theBot, netsong (insieme a Peter Traub), e il Recycler in effetti non hanno un loro livello di esistenza reale, perchè il materiale grezzo sono solo dati di rete. E il risultato di questa analisi è inevitabilmente che la rete riguarda la rete, un serpente che si morde la coda all'infinito.

Questa è l'idea dietro la PlagiaristCam, che è sicuramente collegata a Interview Yourself, e rappresenta gran parte della premessa per ".../plagiarist.org/www.0100101110101101.ORG/... ", così come per "./plagiarist.org"
(Se fai attenzione, noterai che questi pezzi sono degli infiniti loop gerarchici, su cui puoi cliccare per sempre. Osserva la Location bar.) Si, c'è molto di più sulla storia del furto di www.0100101110101101.ORG di questo, ma tienamolo per un'altra volta. [:-)]

?: Parliamo un altro po' di Interview Yourself, perchè un numero di persone ci hanno fatto delle domande a proposito. Se non ti piace il modo in cui I critici fanno le interviste, perchè non proponi che gli artisti intervistino altri artisti?

A: Si, tutti hanno fatto questa domanda. Penso sia una bella idea che gli artisti si intervistino fra di loro. Sarebbe un bel progetto. Tuttavia, questo progetto è diverso. E in realtà, compaiono già sulle liste interviste di artisti ad altri artisti. Ma per me, questo non ha molto a che fare con chi sta facendo l'intervista - si finisce sempre con la stessa sindrome della celebrazione reciproca. E' in larga misura il tradizionale paradigma top-down dell'intervistatore/gatekeeper che determina chi viene ascoltato e che cosa viene discusso - non proprio "open source" [:-)] . Non intendo svalutare le tradizionali interviste "proprietarie", che a proposito hanno la loro utilità, e alcune sono anche abbastanza interessanti. (E, a proposito, il mio word processor preferito al momento è Microsoft Word..) Gli artisti che si intervistano fra di loro è in qualche modo una cosa dandy, ma non è certo Interview Yourself..

?: Così, come ti immaginavi potessero essere delle "auto-interviste" sul Web? Che cosa ti aspettavi? Delle FAQ per artisti? Narcisismo? Buckminster Fuller?

A. Ah, bene, una domanda pesante - da me stessa - così mi piace.. I pensavo che potesse essere interessante come intersezione fra spazio pubblico e spazio privato. Invitando le persone a mettere i loro dialoghi interiori sulla rete, si confrontano con la collocazione delle loro identità private nello spazio pubblico del Web. E' abbastanza difficile - scegliendo le proprie domande, uno di pone nella posizione di presentare al mondo una frase tipo "ecco quello che penso sia la cosa più importante rispetto a quello che faccio". Non ti puoi nascondere e dire "beh, stavo solo rispondendo a quello che mi hanno chiesto". Così ero curiosa di vedere come le persone avrebbero gestito la situazione.

?: Tuttavia non ho potuto non notare che su IY la maggioranza delle persone pubblicano soltanto interviste frivole. Non è forse un fallimento di IY, e per estensione, una dimostrazione del fallimento della net.art stessa, che, datale l'opportunità, fallisce nel validare la sua supposta "ribellione"?

A. Io trovo che la risposta a questa domanda sia sorprendentemente complessa, o almeno, multiforme. Tuttavia: ricordati che IY è comunque scherzoso. Il nome "IY-IY-IY-IY-IY" potrebbe darti la dritta che era una falsa ribellione quella di incitare tutti a spedire interviste a se stessi a delle esclusive liste di net art. (Ricorda, IY era qualcosa che ho quasi spontaneamente mandato alla gente in risposta alla discussione di Nettime). In secondo luogo, auto-intervistarsi è abbastanza dispendioso in termini di tempo - mi ci sono volute settimane per finire la mia. Quindi in realtà non mi aspettavo che arrivassero centinaia di lunghi trattati intellettualistici. Ricorda, molte di queste persone disdegnano interviste "tradizionali" e la considerano come hype, e credo che per alcuni di loro questa sia una maniera per rispondere o parodiare questa cosa. E in molte delle interviste c'è qualcosa come uno stile sperimentale che può essere inizialmente interpretato come scherzoso, ma credo che sottolinei di più il fatto che testi narrativi o dichiarativi tradizionali non siano l'unico mezzo attraverso cui la discussione possa realizzarsi. Questa non è ovviamente una nuova idea - che il discorso testuale tradizionale privilegi i punti di vista di coloro che sanno essere imigliori scrittori. Tuttavia, credo che questo garantisca un reminder ogni tanto. Hai presente, se tutto quello che hai è un martello, ogni cosa sembra avere la forma di un chiodo.

Ma ricordi quello che stavo dicendo riguardo agli spazi privati e pubblici? Questo è ciò che trovo interessante, mentre l'intervista si svolge. E' rischioso mettere il proprio dialogo interno sul tavolo in quelo modo, così come è rischioso andare ad una festa e raccontare agli sconosciuti ituoi sentimenti più intimi. Così il naturale meccanismo di difesa è lo stesso in entrambe le situazioni - cercare di comportarsi in modo un po' snob, e sperare che le persone credano tu sia molto più interessante nel profondo di quello che sei. (Questo tipo di comportamento è anche molto divertente, una caratteristica di gran parte della net.art) Era anche interessante vedere quei tipi di intervista cominciare a crescere a mo' di valanga dopo che iprimi furono pubblicati. D'altra parte, alcune persone non sembrano essere troppo preoccupati dall'esporsi, alcuni mi dicono che si sentono esclusi dai tradizionali canali della net culture. Di conseguenza, ci sono alcune interviste IY più tradizionalmente serie, ed altre semi-serie. Per quando riguarda le mie aspettative, ancora una volta, io vedo IY come un esperimento dal basso verso l'alto, non un'attesa dall'altro verso il basso. La mia unica preoccupazione, tuttavia, che salta fuori ogni tanto nella net.art, è che nell'euforia di liberarsi dalle aspettative e dai vincoli - del mondo dell'arte o di altri - perdiamo di vista il lavoro.. e allora l'hype può cominciare a diventare tutto: il lavoro diventa banale o addirittura invisibile. Possiamo vincere la ribellione, ma perdere la guerra. O qualcosa. E' una cosa scivolosa.."


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