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IN EQUILIBRIO FRA ARTE E COMUNICAZIONE, FRA EST E OVEST
Intervista di Armin Medosch con Alexeij Shulgin

 

Telepolis - 1997
http://www.heise.de/tp/english/special/ku/6173/1.html



L'artista moscovita Alexeij Shulgin ha cominciato a lavorare nel campo della fotografia. Da quando nel '94 ha fondato il Moscow-WWW-Art-Lab si sono aperte molte connessioni internazionali e ha cominciato delle collaborazioni con artisti a Londra, in Slovenia, a Barcelona e altre città. Conferenze come Next5Minutes 2 (Amsterdam 1996), DEAF 96 V2_East (Rotterdam) e LEAF97 (Liverpool) l'hanno messo in grado di approfondire queste collaborazioni. Furono lanciati una serie di progetti di gruppo, come "Internet Gold Medal Award" (Shulgin/Baker), "Refresh Loop" (Shulgin/Cosic/Broekmann) e CERN , un progetto in cui gli artisti creano il loro proprio punto focale per un'attività di net.art (Shulgin/Bunting/Cosic e altri).

Ultimamente, Shulgin ha ricominciato a concentrarsi su progetti propri, come "Form Art" realizzato presso C3 Centro per l'arte e la Tecnologia (Budapest), in cui ha usato alcune proprietà della Form Tag del linguaggio Html per creare un sito artistico con un'estetica "form-alistica". Nonostante stia diventando sempre più conosciuto e venga invitato a un buon numero di festival internazionali, Shulgin continua a vivere e a lavorare a Mosca in una situazione piuttosto isolata (al di là ovviamente delle connessioni Internet). Armin Medosch ha parlato con Alexeij Shulgin sul sue reazioni all'essere considerato un "artista est europeo" e sul suo rapporto con l'arte per Internet.

A.M.: Siamo seduti qui a LEAF07 e il tema principale sono le relazioni est-ovest e l'arte. La prima domanda che mi viene in mente è se a te come artista piace ancora essere considerato un artista russo, un artista est-europeo?

Alexeij Shulgin: Assolutamente no. E in effetti il modo in cui sono stato trattato da critici d'arte occidentali come una sorta di tipico artista russo o comunque sempre come artista russo è stata forse una delle motivazioni per cominciare a lavorare con Internet, che è una cosa diversa. Mi sono ritrovato in situazioni molto stupide. I miei lavori non mostrano segni dell'essere stati prodotti a Mosca e non hanno alcuna relazione con l'iconografia russa o orientale, e nonostante questo sono stato trattato come uno che viene dall'Est. Credo che il sistema dell'arte tradizionale abbia bisogno di un certo tipo di contesto in cui collocare l'opera. In questo sistema i lavori degli artisti non esiste senza il contesto. Per gli artisti russi o est-europei è quasi impossibile scavalcare questo tipo di approccio dell'arte occidentale, be', in generale del sistema generale dell'arte ma ora parlo del sistema occidentale perché è il più sviluppato e ha una sua storia. Se guardiamo agli artisti più famosi che provengono dall'Europa dell'Est, per esempio Kabakov, vengono sempre collocati in questo contesto orientale post-socialista, e devo ammettere che alcuni artisti ci giocano anche in questo ruolo della persona che viene dall'Est. Kabakov, che ha lasciato la Russia dieci anni fa, produce ancora installazioni con riferimento al suo passato nel regime totalitario.

A.M.: A un certo punto questo riferimento come artista russo può aiutare intermini di inclusione - perché possono essere fatte delle mostre con i "nuovi artisti dell'Europa dell'Est" -, ma subito dopo può diventare uno strumento di esclusione.

Alexeij Shulgin: Certo, funziona nelle due direzioni, ma questa inclusione è sempre una specie di inclusione finalizzata allo sfruttamento, perché il contesto in cui il tuo lavoro viene posto è sempre importante e sempre trattato con superficialità.

[...]

A.M.: Tu sei una figura molto "esotica" da due punti di vista, visto che non solo sei un artista di Mosca, sei anche un net-artista di Mosca, che è una specie rara.

Alexeij Shulgin: Sì, ma è di nuovo quello stesso modo di contestualizzare. Be', non lo so, ma forse è per andare oltre che sto per cominciare un lavoro in collaborazione con altri progetti differenti, basati su diversi server di tutto il mondo in modo che sia una sorta di server distribuito. E non è solo per sfuggire a questo cliché, è per sfuggire da ogni cliché e da ogni identità, perché a un certo punto, quando possiedo una certa identità, questo porta alla stagnazione.

A.M.: Nelle ultime settimane c'è stata su Nettime una discussione piuttosto interessante sulla net.art o arte in rete e tu hai partecipato. Ora, e questo è un mio commento, ci sono stati riferimenti alla video arte e tutti sono stati più o meno d'accordo sul fatto che sarebbe bene non usare più questo termine 'video arte', è una trappola, un ghetto. Ma quello che non si è fatto è discutere sul termine 'media art' che in qualche modo era in uso tra il momento della video arte e il momento della net art. Media art è ancora usato ed è facile che vada verso lo stesso destino. Quindi in un certo senso condivido quello che diceva David Garcia, che strategicamente non va poi così bene enfatizzare tanto "net art".

Alexeij Shulgin: Sì, è vero. Be', avrei due cose da dire. Innanzitutto, quando si parla di video arte e si dice che questo è un concetto obsoleto, guarda: quello che sta avvenendo qui a Liverpool e Manchester è un grande festival dedicato alla video arte. Porta ancora molto danaro, molta gente e molta attenzione. Poi, parlando dell'arte di rete in tutte queste discussioni, la gente scrive net.art. Mi ricorda molto di più il nome di un file che di un nuovo -ismo. E penso che sia molto importante perché questo termine net.art comprende molta autoironia sul suo stesso nome.

Inoltre quando parliamo di net.art e arte in rete alcuni dicono che dovremmo liberarci della stessa nozione di arte e che dobbiamo fare qualcosa che non sia legato al sistema dell'arte, eccetera. Io penso che questo non sia proprio possibile, specialmente in rete, a causa del sistema dei link. Qualunque cosa tu faccia può essere messa in un contesto artistico e può essere linkato a istituzioni d'arte, siti che parlano di arte. E se noi ci liberiamo di questa parola arte, che cosa ci rimarrà poi? Come ci riconosceremo fra di noi, come troveremo contatti, come creeremo un contesto? Insomma è una cosa molto ambigua.

Da un lato non abbiamo più bisogno di questi nomi, definizioni e 'ismi'. Ma d'altro canto dobbiamo vivere in un qualche contesto. E in questo senso penso che non ci possiamo liberare tanto facilmente di questa nozione di 'arte'. E poi c'è un altro punto a cui accennavo prima, cioé il problema della tattica. Esiste ovviamente un'infrastruttura dell'arte e può essere usata. Questo mi ricorda la stessa Internet. Utilizza strutture già esistenti come le reti telefoniche per trasmettere dati digitali. Ecco è lo stesso con questo gruppo di persone che lavorano sulla rete senza un'identità definita. Usiamo un sistema esistente, che è il sistema dell'arte, e cerchiamo di farci qualcos'altro.

A.M.: In uno dei tuoi interventi su Nettime sembri piuttosto cinico sul futuro della net.art. Dicevi che presto ci saranno le star della net.art e poi alcuni nomi cresceranno e verranno inclusi nel sistema dell'arte.

Alexeij Shulgin: Ovviamente sta per succedere e sta succedendo già ora, perché puoi vedere che ci sono alcuni progetti di net.art inseriti in Documenta di quest'anno [1997]. Un'altra cosa è che Internet sembra essere molto democratica e accessibile. Immagina che ci siano 50.000 persone che fanno arte sulla rete, chi li starebbe a guardare? Ci deve essere qualche sistema di contestualizzazione, qualche sistema di liste di link, anche l'aspetto curatoriale - che in un certo senso è di nuovo una struttura di potere. Ma d'altro canto non possiamo fare altrimenti, è una situazione molto ambivalente.

A.M.: Il tuo lavoro in particolare è un lavoro composito, non è solo una tua espressione come artista, non è facile da categorizzare, tu agisci anche anche nel ruolo del curatore e del critico. Cos'è che essenzialmente rende la net.art interessante secondo te? Quali possono essere i criteri per una selezione, per parlarne?

Alexeij Shulgin: Quello che a me interessa e che può essere considerato una sorta di criterio è un certo tipo di equilibrio fra un approccio artistico in un senso più tradizionale e questo nuovo approccio comunicativo, perché Internet è uno strumento per la comunicazione da molti a molti. E se andiamo nella direzione della pura comunicazione, be' è interessante, ma come facciamo a contestualizzare, come può essere pubblica, come può essere vista? E se ritorniamo alla questione dell'espressione artistica, qual è la differenza se è in rete o in una galleria? Ricade esattamente in questo contesto artistico. Per me adesso è interessante perché è uno strumento tattico, ora Internet dà la possibilità di bilanciare le due cose. Per me è come bilanciare fra arte e comunicazione, fra Est e Ovest. Non posso nascondere il fatto di vivere a Mosca, che per la cultura occidentale contemporanea è l'estrema frontiera a oriente. Voglio dire che stare in equilibrio fra diversi contesti per me è estremamente stimolante perché ti dà una sorta di provvisoria libertà. E d'altro canto ti aiuta ad essere visibile, a comunicare, a trovare gente e insomma ad andare avanti. In un certo senso è anche problematico perchè significa anche non avere un'identità certa, ma si possono anche adottare identità temporanee.

A.M.: Forse è una domanda molto ovvia, ma mi potresti dare qualche esempio di questo equilibrio fra arte e comunicazione?

Alexeij Shulgin: Come ho detto nella presentazione di ieri, i miei artisti preferiti sono Heath Bunting e jodi.org, nonostante siano molto diversi. Su Heath Bunting: produce alcune cose visibili in rete che sono legate soprattutto agli elementi comunicativi di Internet. E dall'altro lato, è molto interessante anche il modo in cui si presenta lui stesso come persona, che si accompagna bene con quello che fa. E' una sorta di artista performer che opera sulla rete. Jodi: il modo in cui comunicano è molto diverso, non comunicano molto con la gente, lo fanno con la rete stessa, che ha come sue estensioni anche le persone. Quello che loro fanno non è che rispecchiare processi che si svolgono in rete e dare le loro risposte a questi processi, processi tecnologici ed estetici. In un certo senso si basano molto sulla comunicazione.

A.M.: Sono stati fatti alcuni riferimenti a Fluxus. Quello che mi sembra interessante di questi movimenti artistici ormai storici è come la loro intenzione fosse quella di non produrre opere sotto forma di oggetti statici. Si concentrarono, come dice anche il nome, sul flusso del tempo, l'happening, la creazione di un atmosfera, qualcosa di assolutamente non materiale. Ma con questa attenzione così forte per questo aspetto il risultato è stato che il sistema dell'arte e le persone attorno a loro temevano che tutto si sarebbe perso, così che crearono un enorme corpus di documentazione, archivi, registrazioni. [...] Non potrebbe succedere anche con qualche progetto di net.art?

Alexeij Shulgin: Sì, può darsi, ma prima su Fluxus. Penso che la stessa gente di Fluxus avesse dato quell'impulso [a creare documentazione sulle proprie performance], visto che esiste la "flux-box", il museo portatile delle opere Fluxus. Se lo sono fatti da soli. Un altro problema è che loro lavoravano nel territorio specifico dell'arte, con gallerie e musei. Invece, per tutto quel che riguarda l'arte di rete, dipende molto dalla tecnologia, dal software, dall'hardware. Se per esempio prendi jodi, loro devono correggere, ricostruire il loro sito a ogni nuova versione di Netscape. Quello che facevano un anno fa è già perso. Non è documentato, è digitale, è cancellato.

A.M.: Non pensi che ne abbiano una versione sui loro harddisk?

Alexeij Shulgin: Che comprende anche una versione di Netscape 1.1? (ride) Penso sia possibile, ma non se ne possono fare più niente. Sono d'accordo con l'opinione di qualcuno in quella discussione su Nettime sul fatto che l'arte in Internet assomiglia più alla performance. Se tu in un futuro guardassi alla prima arte per Internet, la troveresti esteticamente ridicola, perché la rete ora come ora ha possibilità di autoespressione limitate, viceversa c'è un'illimitata possibilità per la comunicazione. Ma come puoi registrare questo elemento di comunicazione? Come lo puoi immagazzinare?

A.M.: Questo funziona probabilmente attraverso la testimonianza, le persone, la storicizzazione dell'arte personificata nell'artista. Per esempio la gente che finora fa riferimento alla net.art è più o meno una specie di ampio gruppo che è possibile definire, forse non un gruppo rigido, ma non è molto simile ai movimenti artistici che avevamo all'inizio del XX secolo? Questa identificazione di un gruppo, la documentazione dei "primi leggendari incontri" e così via non potrebbero creare una sorta di strana storicizzazione?

Alexeij Shulgin: In un certo senso probabilmente sì, Ma d'altro lato, visto che Internet è aperta, chiunque è benvenuto ed è solo questione di condividere idee affini. E il fatto che proveniamo tutti da contesti differenti crea differenze. Si tratta più di somiglianza nei punti di vista personali che di qualche situazione culturale localizzata.

A.M.: Grazie per l'intervista.


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