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Un buco nel cervello della macchina
di Marina Grzinic (2000)

Walker Art Center - Gallery9 - http://www.walkerart.org
Traduzione italiana tratta dal catalogo del Padiglione Sloveno, 49a Biennale di Venezia - 2001. (Grazie ad Aurora Fonda)

 

Il lavoro di 0100101110101101.org intitolato life_sharing è un’opera d’arte nata per Internet e commissionata da Walker Art Center (USA). La si potrebbe anche definire un progetto “web-based” caratterizzato da una bizzarra inversione, da uno scarto: invece di allontanarsi dall’ordinarietà della vita quotidiana per avventurarsi nell’estasi della Internet art, life_sharing devia radicalmente dalle migliaia di possibilità formali del web design (le interfacce innovative che cercano costantemente di farci divertire) per ritornare proprio alla ordinaria vita quotidiana - la disgustosa impotenza della burocrazia, lo scambio della posta e la negoziazione per nuovi progetti.

Questo progetto comprende subdirectory e mappe, dozzine di documenti diversi tra cui messaggi e-mail, prime stesure di progetti curati da 0100101110101101.org, archivi di testi di altri autori con i commenti di 0100101110101101.org, messaggi elettronici, documenti solo abbozzati e annotazioni personali mescolate a brani di testi critici - un’intera banca di documenti virtuali. Un simile gesto ci permette di penetrare in una vita privata. Se hai tempo di fare un giro, scartabella tra carte, documenti, percorsi e testi - chissà quanto tempo è necessario e dove potremo atterrare. 0100101110101101.org sta facendo un buco nel cervello alla macchina, come una specie di situazione aliena, una de-realizzazione del sistema-computer e dei contenuti della cosiddetta vita quotidiana. È come se improvvisamente avessimo accesso alle informazioni contenute in un individuo, continuamente e microscopicamente ingigantite, e con tutta la sporcizia e l’attività che riempiono una vita. È come se qualcuno ci permettesse di spiare sotto la sua pelle, di vedere (per così dire) le interiora del corpo e quelle del computer. Questa azione ha in sé qualcosa di disgustoso e respingente, ma allo stesso tempo di molto forte.

In contrasto con le allusioni oscurantiste della New Age - secondo cui Internet e il World Wide Web rendono possibile il naturale scambio artistico e la comunicazione perfetta, life_sharing dimostra chiaramente che la vita è un manufatto messo insieme alla meglio partendo da altri manufatti, piuttosto che sulla base di profonde esperienze. In contrasto con l’idea propugnata dai mass media, secondo cui la vita raggiunge una naturale totalità quando entra in contatto con i nuovi media, i processi della visualizzazione di life_sharing su 0100101110101101.org accentuano ciò che di artificiale, mediatizzato, costruito e innaturale è presente nella vita umana e nei suoi pensieri ed emozioni. L’utilizzo di metodi di riciclaggio suggerisce una radicale ri-problematizzazione dei concetti di originalità e ripetizione, realtà e simulazione mediatica.

La tecnica di 0100101110101101.org consiste nel sovrapporre due ambiti incompatibili, ma permettendo ad essi di invadere i territori reciproci: uno è l’ambito simbolico della rappresentazione (realizzare un progetto di Internet art con una determinata struttura), l’altro è la vita in sé (la spiacevole vicinanza della vita, essere costantemente sul punto di entrare nella vita di un altro/di un’altra e di partecipare della sua privacy, la quale diventa visibile, aperta e proposta come progetto). Per 0100101110101101.org la vita quotidiana funziona quasi come fosse un attimo di vita in decomposizione.

0100101110101101.org ha un approccio strategico se consideriamo che, per parafrasare La Folie du Voir di Christine Buci-Glucksmann, con Internet ormai “gli occhi vedono come possono vedere”. life_sharing permette all’utente di vedere il contenuto burocratico, archivistico e amministrativo della vita quotidiana, e di vedere gli utenti che sbirciano in questi contenuti, diventando a loro volta parte dell’intera operazione.

In contrapposizione allo spazio pulito e puro della realtà virtuale, la realtà materiale e la vita stessa erano fonte di orrore e disgusto, perché erano difficili da integrare nella matrice cyber. Come sottolineato da Julia Kristeva, il materiale diventa ciò che la cultura - il sacro - deve purgare, separare e bandire per poter affermare sé stessa come qualcosa di pulito e disinfettato nella logica universale della catarsi. Se il materiale entra a far parte del cyberspace non è più un oggetto, ma un abietto - il materiale si riduce a un intervento osceno. life_sharing è questo abietto, l’utente ha la sensazione che sia stato commesso un errore, di trovarsi in una situazione senza senso. Manca qualcosa: il design patinato e il contorno kitsch. Al loro posto abbiamo solo un elenco numerato di mappe e di subdirectory.

Ritroviamo lo stesso intervento privo di senso negli errori commessi come concetto e strategia sul WWW e su Internet. L’inserimento di errori in ambienti perfetti e simulati può essere visto, dunque, come un punto nello sviluppo di nuove strategie estetiche e concettuali, poiché l’errore come oggetto d’orrore e disgusto non è integrabile nella matrice. Un errore è come una ferita nell’immagine; è un errore nel corpo o, come ha detto Richard Beardsworth, un fallimento che illustra con precisione la nostra sottomissione al tempo. Commettere un errore è quindi un percorso per trovare il proprio posto nel tempo. In una situazione simile produciamo un divario, uno iato entro cui è possibile inserire non solo un vero e proprio corpo, ma anche la sua interpretazione.

Tale errore appare già nel nome del gruppo: 0100101110101101.org, il quale immette a forza, chi vi si imbatte, ad entrare in un processo di infinita copiatura. Lo strano nome di 0100101110101101.org induce chi lo usa o lo trasmette a copiarlo e incollarlo infinite volte - è troppo difficile ricordarlo con precisione. Già a partire dal nome, quindi, vediamo in 0100101110101101.org un continuo percorso di ricerca: ricerca di metodi di rappresentazione sul WWW e di articolazione del WWW come un archivio (privo di senso) legato ai temi dell’autore, del copiare, incollare, rimuovere e cancellare.

Per capire meglio il progetto di life_sharing, diamo un’occhiata alla storia dell’organizzazione di 0100101110101101.org. Nella comunità della net.art, 0100101110101101.org divenne celebre con il “furto” del sito appartenente alla galleria di net.art (privata e non accessibile) Hell.com, il quale fu scaricato dalla rete in un week-end e messo a disposizione di tutti i visitatori dal sito di 0100101110101101.org. 0100101110101101.org ha realizzato inoltre “versioni” o “remix” di altri noti siti di net.art, tra cui Art.Teleportacia. Influenzati dai metodi dei Situazionisti e, soprattutto, dei Neoisti (la recente attività in Italia era nata sotto questo pseudonimo), quelli di 0100101110101101.org rivolsero il loro approccio a Internet.

La riservatezza circa il nome “0100101110101101.org” è una pratica artistica che spinge l’utente a replicare la matrice della memoria computerizzata (01) - la struttura, potremmo dire, del cervello del computer - e l’apertura della macchina di Internet, costituita da un copiare, riutilizzare, rifare la storia e la vita.

Il progetto di 0100101110101101.org Darko Maver - la beffa del falso artista - fu un’operazione per certi versi simile: Darko fu costruito con foto (o per meglio dire, con documenti fotografici) di atrocità realmente accadute, molte delle quali avevano avuto luogo nel “brandello di casa” di Maver, nell’ex-Yugoslavia. La vita e la morte di Darko Maver si sono svolte come segue: nacque nel 1998 sul sito webzine chiamato “Entartete Kunst” [Arte Degenerata, ndt.], quando 0100101110101101.org cominciò a diffondere informazioni riguardanti un misterioso artista-performer che viaggiava per l’ex-Yugoslavia spostandosi da motel a vecchie case disabitate, vittima di atrocità inscenate e di storie sulla pulizia etnica. Maver nacque nel 1962 vicino a Belgrado e, terminata l’Accademia di Belle Arti, si trasferì a Lubiana e successivamente in Italia. Fu più volte arrestato e rilasciato in Serbia e in Kosovo, con l’accusa di diffondere propaganda antipatriottica, infine fu incarcerato all’inizio del 1999. Nel maggio 1999 fu annunciata la morte di Darko Maver, avvenuta in carcere in circostanze misteriose.

Il progetto Darko Maver e quello di life_sharing hanno in comune il tentativo di ricollegare l’arte alla vita mescolando dichiaratamente vita fasulla con dati e luoghi reali. Bisogna prendere Darko Maver molto sul serio, percepirlo come un topos e come un tropo, una figura, una costruzione, un manufatto, come movimento e dislocamento. La vita meticolosamente costruita di Maver e la sua morte simulata (le sue morti simulate) oggi sono viste come un costrutto discorsivo banale e incisivo al tempo stesso. Ciò che stiamo cercando di immaginare è che Internet si sia trovato ad occupare il posto dell’impossibile - l’autentico oggetto del desiderio. Ma in esso non c’è nulla di sublime: Internet occupa semplicemente il luogo strutturale, lo spazio proibito del godimento. Accessibilità, non-originalità, riproducibilità: sono queste le caratteristiche che dobbiamo associare a Internet, grazie a 0100101110101101.org.

Lo scopo del progetto life_sharing di 0100101110101101.org è quello di mettere in atto la “rovina della rappresentazione” (Jo Anna Isaak), precisamente sulla base di ciò che è stato escluso dall’oggetto non rappresentato (cioè la vita stessa). Questo crea un significato derivante da un’assenza e, in questo modo, perlustra i mezzi attraverso i quali si produce un soggetto, e il corpo. Questi contro-racconti oppongono una tale resistenza da non poter più essere inclusi in un contrasto filosofico binario, ma piuttosto abitano i contrasti binari, resistendo e disorganizzando, senza mai costituire un terzo termine (Jacques Derrida). Il risultato è questo: la decentralizzazione del soggetto fino al punto di eliminare l’esistenza di un dentro e di un fuori, sostituiti da una potente relazione dinamica nei confronti di esterno e interno, dipendenza e indipendenza, arte e natura e, in ultima analisi, verso ciò che è reale e ciò che non lo è.

0100101110101101.org sta compiendo una (de)archiviazione della vita? No, è piuttosto una simulazione delle coordinate politiche ed emotive della vita. Ma non è solo questo: lo stile di vita presentato dal progetto life_sharing mostra chiaramente che la vita su Internet non è altro che un algoritmo. La forza di life_sharing è più a livello libidinale che concettuale, più nei modi in cui “desideriamo” la nostra oppressione che nel modo in cui organizziamo le nostre credenze. Il progetto non tende tanto a mostrare la vita come qualcosa di “altro”, quanto piuttosto a innescare l’idea di avere a che fare con, o vivere con o per mezzo di, contraddizioni. Questo significa che non è solo questione di perdere la vita, ma di riacquisirla tramite un processo di ripensamento del luogo dove essa è stata/è prodotta.

0100101110101101.org si serve di opposizioni estreme per mostrare che la vita è assolutamente mediata, costruita e fabbricata, e che esiste un’identità ipotetica del paradigma informatico e della vita stessa. Dimostra che la vita, invece di essere una forza concreta, è fatta di cliché. Come altro potremmo definire questa montagna di e-mail, scartoffie virtuali, corrispondenza? La strategia non è quella di costruire dei falsi, ma di mettere a punto tattiche capaci di articolare politicamente ed esteticamente una realtà vera e propria e una politica della resistenza, come direbbe Homi K. Bhabha, attorno a un tipo specifico di soggetto che è costruito sul margine della disintegrazione.

0100101110101101.org è quasi fissata con la vita, e raggiunge gli elementi zero di quello che è percepito come il concetto fondamentale di Internet, il quale a sua volta funziona ancora come oggetto sublime. È una visione mortalmente seria, come direbbe Slavoj Zizek, e dimostra chiaramente la caratteristica importante della tecnologia e dei cliché: invece di produrre una nuova identità, si produce qualcosa di molto più radicale - la perdita di identità. Il soggetto è costretto a dedurre di non essere ciò che credeva di essere, ma qualcun altro/qualcos’altro.

Marina Grzinic Ljubljana, Slovenia
e-mail: margrz@zrc-sazu.si

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BIBLIOGRAFIA

Beardsworth, Richard, Derrida & the Political (London and New York: Routledge, 1996)
Bhabha, Homi K., The Location of Culture (London and New York: Routledge, 1994)
Buci-Glucksmann, Christine, La Folie du Voir: De L`esthethique Baroque (Paris: Éd. Galilée, 1986)
Derrida, Jacques, Positions (Chicago: University of Chicago Press, 1981)
Grzinic, Marina, »Video Processes of Re-appropriation« in the book of the Artintact 4 CD-Rom edition (Karlsruhe: ZKM and Kantz Verlag, 1997)
Grzinic, Marina, Fiction Reconstructed: Eastern Europe, Post-Socialism and the Retro Avant-Garde (Vienna: Edition selene, 2000)
Isaak, Jo Anna, »Women: The Ruin of Representation,« in Afterimage, April 1985
Kristeva, Julia, in Lajoie, »Psychoanalysis and Cyberspace,« in Cultures of Internet, ed. Rob Shields (London: Sage Publications, 1996)
Lacan, Jacques, Television, trans. J. Mehlmann (New York: Norton & Co, 1990)
Zizek, Slavoj, The Art of the Ridiculous Sublime: On David Lynch’s Lost Highway (Seattle: The Walter Chapin Simpson Center for the Humanities, 2000).


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