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DATA-NUDISMO Walker
Art Center - Gallery9 - http://www.walkerart.org
Q.: Nel life_sharing avete fatto appello alla GNU General Public License (GPL), un particolare tipo di licenza per il software sviluppata dalla Free Software Foundation. Questa licenza permette agli utenti del software di modificarlo, adattandolo alle loro esigenze, se questi stessi rendono poi le loro modifiche pubblicamente disponibili agli altri utenti senza “chiudere” il codice dopo averlo sviluppato. La GPL è un documento che ha suscitato grosso interesse anche al di fuori dei circoli di programmatori, fornendo un collegamento con altre pratiche come l’autorialità collettiva e aperta, ossia ridefinizioni del concetto di copyright, di proprietà intellettuale, e così via. A: Il fatto di adottare Linux come sistema operativo, e di conseguenza la licenza GPL, non è assolutamente un’allusione, ma il frutto di scelte politiche, ragioni tecniche e legali. Stiamo lavorando, assieme ad un avvocato, ad una licenza che applicheremo a tutti i file in cui non è specificata altra licenza. Questa licenza è liberamente ispirata alla GPL ma sarà estesa a qualsiasi prodotto dell’intelletto garantendo la possibilità di: - usare il prodotto - modificare il prodotto - distribuire copie, modificate o no, del prodotto (sia gratuitamente che sotto compenso) Questa licenza impedisce inoltre di aggiungere delle restrizioni, eliminando la possibilità di mettere il copyright su prodotti aggiunti o combinati ad uno coperto da questa licenza. Fino ad ora 0100101110101101.ORG semplicemente non ha apposto il copyright a nessuna delle cose che ha fatto. Innanzitutto perché 0100101110101101.ORG non ha mai prodotto nulla. 0100101110101101.ORG si limita a spostare pacchetti di informazioni, a deviarne il flusso, a osservare i cambiamenti, ed eventualmente trarne profitto. La visibilità è il vero problema della Rete. Se qualcuno riutilizza la tua musica, le tue parole o le tue immagini, ti sta solo facendo un favore. Svariate persone hanno già riutilizzato spontaneamente 0100101110101101.ORG. Se qualcuno, al di fuori di noi, riesce a trarre profitto da 0100101110101101.ORG questo è solo merito suo. In fin dei conti è quello che abbiamo fatto noi con hell.com, art.teleportacia e jodi.org: il profitto, volontariamente o involontariamente, è sempre reciproco. Q.: Sì, così questo è il surplus, che si verifica anche nell’economia della visibilità. Sviluppando questo concetto, sembra che ci siano essenzialmente due modi di approcciarsi ai problemi sollevati da termini come appropriazione/plagiarismo/anticopyright, ecc. Uno è illustrato da Hegel quando afferma, in Lineamenti di Filosofia del Diritto, “Appropriarsi di qualcosa significa sostanzialmente manifestare la supremazia della propria volontà nei confronti della cosa”. L’altro approccio è la generazione di contesti in cui la dinamica della circolazione e dell’uso, con minori o maggiori gradi di apertura - non l’imposizione della volontà - prevalgono. Una diversa formulazione può essere trovata nelle pratiche anti/copyright usate comunemente nell’underground e dell’uso radicale dei media in Italia e all’estero, dove il copyright è aperto ad altri utilizzi non commerciali, o ai partecipanti a movimenti sociali, ma chiuso alla riproduzione proprietaria. In questo modo, all’”interno” si apre un contesto aperto, ma l’arma proprietaria del copyright non viene eliminata. Queste forme corrispondono in qualche modo ai due modelli di cui avete parlato? A: È comune fraintendere il no-copyright con il no-profit. 0100101110101101.ORG è compatibile con la retribuzione, sotto svariate forme, ed il life_sharing, essendo un progetto finanziato da un’istituzione, è un esempio. Il software open-source, la musica dei Negativland, i libri di Wu-Ming, sono tutti esempi di prodotti intellettuali che hanno saputo conciliare il modello no-copyright alla commercializzazione. Il no-copyright non è più una pratica underground, ma uno “standard di produzione” culturale. Significa innanzitutto essere consapevoli che il proprio sapere non è innato ma che non è altro che una sintesi tra diversi prodotti culturali, quindi significa rendere il proprio sapere condivisibile, cioè sfruttabile non solo da se stessi ma da chiunque, anche commercialmente, impedendo però che qualcuno restringa questa possibilità. Il problema del copyright sarà sempre più importante. Non riguarda solamente il software, l’arte o la musica, ma sta invadendo ogni ambito dell’esistenza. “Manifestare la supremazia della propria volontà nei confronti della cosa” significa che tutte le volte che è necessario, tutte le volte che ci troviamo di fronte ad una distanza che non ci appartiene, che condividiamo un libro, un film, un dipinto, dobbiamo poter dire: “L’ho fatto io! È mio!” © dell'autore (per l'uso non commerciale delle traduzioni e per informazioni contatta dina [at] d-i-n-a.net) |